Aggiornato il 21 maggio 2021.

Questo articolo è stato revisionato e aggiornato il 21 maggio 2021.

La ricerca del consenso, con le parole, con la retorica. Perché siamo tutti un po’ oratori anche se non sempre del tutto convinti.

Fino a che non avete imparato a essere tollerante con chi non è sempre d’accordo con voi; fino a quando non avrai prima coltivato l’abitudine di dire qualche parola gentile a quelli che non ammiri; fino a quando non avrai l’abitudine di cercare il bene invece del male negli altri, non avrai né successo né felicità.

Napoleon Hill

La retorica ha a che vedere con la ricerca del consenso, che spesso chiamiamo assenso, accordo, adesione. Sintonia, anche.

 

Cerchiamo il consenso nelle relazioni che costruiamo, negli spazi che esploriamo, nei film che guardiamo. Nei libri che leggiamo, nelle conversazioni che facciamo, negli obiettivi che ci poniamo.

 

Ovunque noi siamo, fisicamente o mentalmente, lo siamo perché spinti da questa molla profonda del nostro essere: la ricerca del consenso. Una ricerca che mira all’armonia, alla sintonia tra il nostro universo interiore e il mondo là fuori.

 

Abbandoniamo, invece, relazioni, spazi, libri, film e tutto il resto quando all’armonia si oppone il contrasto, il disaccordo, la divergenza. Quando il dissapore urta la sintonia.

 

Ma leggiamo qualche definizione della parola consenso.

 

Lo Zingarelli cartaceo dice: “approvazione, appoggio, favore”; “concordia di volontà, giudizi, sentimenti e simili, o accordo su un punto specifico fra due o più persone”; “assenso, benestare, permesso”.

 

L’enciclopedia Treccani on line alza il tiro e ci presenta dettagliatamente il consenso come “un principio costitutivo dell’ordine sociale” e “un fattore di equilibrio e coesione” sottolineandone il carattere fondamentale di risorsa per il sistema sociale “concepito come omeostasi, ossia come stabilità e armonia sociale in cui sono essenziali le funzioni di risposta o reazione e di adattamento rispetto a tutto ciò che può costituire turbamento e scompenso.”

 

Ok, la lezione di sociologia è finita 😉

 

Il consenso è una cosa seria. Per raggiungerlo ci vuole impegno. Esercizio. Strategia. Ci vuole la compagnia della splendida Signora della Parola, affascinante ora, come tre millenni fa. Ci vuole, quindi, arte: l’arte del parlare con arte.

 

La splendida Signora della Parola ha tremila anni e sta benissimo

La retorica esiste “là dove il fine è la persuasione, cioè il raggiungimento di un consenso ottenuto per vie pacifiche, graduali, facendo presa su tutte le facoltà della controparte: non solo l’intelletto, ma anche la volontà e la sensibilità”.

 

Lo disse più di 50 anni fa Chaïm Perelman che alla retorica dedicò la sua vita e un bel libro che scrisse insieme a Lucilla Olbrechts-Tyteca. Si intitola Trattato dell’argomentazione: la nuova retorica. L’obiettivo: ridare lustro all’antica arte del discorso mettendo l’argomentazione al cuore della quotidianità umana.

 

Insieme a loro ci furono altri che persero la testa per l’affascinante Signora della Parola. Per le sue virtù, nella velocissima società postmoderna.

 

Mi soffermo a due di loro, i cui lavori conosco bene: il primo è Olivier Reboul, francese, docente all’Università di Strasburgo e studioso di filosofia, pedagogia e retorica.

 

Ci ha lasciati uno dei migliori testi sull’arte del discorso: Introduzione alla retorica, un’accurata presentazione del sistema retorico, ben ancorata ai giorni nostri. Il cuore del suo pensiero, nelle parole di profonda IspirAzione tratte dal suo libro:

Non si dà cultura senza una formazione retorica e imparare l’arte del “dire” significa già imparare a “essere”.

Olivier Reboul

Il secondo è Jay Heinrichs, nostro contemporaneo di Oltreoceano. Il suo sito è presente tra i migliori website di comunicazione efficace recensiti da RhetoFan. Lui rinunciò alla carriera giornalistica per dedicarsi, mente e anima, alla retorica.

 

In uno chalet, come lui stesso confessò, di una remota campagna del New Hampshire, scrisse l’avvincente Thank you for arguing che in italiano fu tradotto così: L’arte di avere sempre l’ultima parola. A pari dell’Introduzione alla retorica di Reboul, un must per gli interessati in comunicazione efficace.

 

Per Heinrichs, ed è difficile contraddirlo:

Il significato di retorica va ben oltre l’utilizzo delle parole per convincere o persuadere, come la definiscono i dizionari. La retorica ci insegna a discutere senza rabbia. E offre la possibilità di sfruttare una fonte di potere sociale di cui non avevo mai sospettato l’esistenza.

Jay Heinrichs

Tuttavia, il più importante conoscitore dell’arte del discorso fu Aristotele che per prima la sistemò e la trasformò in disciplina fondamentale per la crescita e il miglioramento personale.

 

Scrisse Retorica in età adulta, un’opera che ancora oggi affascina e inquieta con periodi di altalenante fortuna. Il libro – si ritiene, a ragion veduta – raccoglie le fondamenta della più antica scienza della comunicazione. Non mancano, certo, le voci in disaccordo: la retorica è una scandalosa forma di comunicazione manipolatoria a buon uso dei … disonesti.

 

Ma tu che stai leggendo questo articolo sei pronto a ribattere: la retorica è il Chilometro 0 della Comunicazione, la base da cui iniziare l’ascesa verso le vette della Crescita e del Miglioramento Personale.

 

Siamo in perfetta … sintonia, ne sono felice 🙂

 

La retorica aristotelica è un viaggio alla scoperta della natura umana e di ciò che più di altro ci identifica in quanto esseri umani: le parole. È un intreccio di concetti e nozioni oggi presenti in diverse scienze sociali: la comunicazione, la sociologia, la psicologia, la linguistica e le sue derivazioni psicolinguistica, sociolinguistica, neurolinguistica.

 

Retorica di Aristotele, nonostante tutto, è un libro per tutti. Il migliore libro sulla comunicazione efficace e una lettura imprescindibile non solo per chi lavora con le parole, ma anche per chiunque voglia conoscere meglio sé stessi e l’animo umano.

 

La retorica ci insegna che è la ricerca del consenso a farci alzare dalla sedia. Per fare delle cose, per le persone attorno a noi. È questa stessa ricerca di armonia, di sintonia a muovere individui e gruppi, popoli e stati, industrie ed economie.

 

Il dissenso è naturale, il consenso è culturale, così come il caos è natura e l’ordine è cultura.

 

La ricerca del consenso è la più sociale delle umane attività. Una volta raggiunto si trasforma in collaborazione.

 

Poi in felicità: quella gratificante sensazione di benessere interiore che ci rende allegri e disponibili, gentili e motivati, accoglienti e tolleranti.

 

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A presto,

 

Lucian

 

Foto di EnKayTee