La rabbia è quella sensazione che fa in modo che la tua bocca lavori più veloce della tua mente.
Evan Esar
Ci riesce difficilmente ad essere delle belle persone. Anzi, per essere delle belle persone ci vuole uno sforzo considerevole.
Perché a essere brutti siamo programmati. La nostra natura umana ci spinge, naturalmente per l’appunto, ad essere delle brutte persone.
In un articolo di qualche tempo fa pubblicato su Internazionale, Annamaria Testa, una delle massime esperte di comunicazione del nostro paese ce lo conferma. Riprende uno studio del neuroscienziato Christian Jarrett diventato articolo su Aeon con il titolo The Bad News on Human Nature in 10 Findings from Psychology (clicca per l’articolo originale). Ci sono, in pratica, ben dieci tendenze da controllare per star buoni e non diventare brutte persone. Perché per dare il meglio o almeno il meno peggio ci vuole uno sforzo. Uno sforzo considerevole.
Le tendenze, brevemente:
- Vediamo il diverso – le minoranze, le persone vulnerabili e in generale le persone che appaiono diverse da noi – meno umano di noi; conseguenza: porti chiusi e ponti demoliti e conseguenza della conseguenza: aggressività, indifferenza, pregiudizi nei confronti delle minoranze
- Proviamo piacere per le sfortune altrui; il termine tedesco è Schadenfreude (deriva da Schaden – danno e Freude – gioia), quello italiano aticofilia (dal greco atychḗs – sfortunato e philía – amore, passione); a conferma, un esempio, anzi due, dalla saggezza popolare: il proverbio italiano Mal comune, mezzo gaudio e il proverbio francese: Le malheur des uns fait le bonheur des autres (La fortuna di uno fa la felicità degli altri);
- Tendiamo a incolpare gli individui del loro cattivo destino: in un modo o nell’altro, lui, lei, voi, loro la disgrazia se la siano andata a cercare, pensiamo
- Siamo ciechi e dogmatici, convinti assai di saperla più lunga degli altri; molti hanno qualcosa da dire, pochi, orecchie per ascoltare
- Scegliamo la scossa elettrica a un nostro pensiero: preferiamo farci del male piuttosto che rimanere 15 minuti in compagnia dei nostri pensieri
- Sopravalutiamo le nostre capacità: meno sappiamo e più presumiamo di sapere, meno valiamo e più presumiamo di valere; è l’effetto Dunning-Kruger
- Siamo ipocriti: molto sensibili alla disonestà e alla maleducazione altrui e molto tolleranti se siamo noi a comportarci male; ci viene naturale a dare la colpa alle circostanze, agli altri, al contesto, al giorno, alla sfortuna
- Siamo tutti potenzialmente dei troll, le reti sociali lo confermano
- Scegliamo i nostri leader per motivi sbagliati: atteggiamento muscolare 1 – senso dell’efficacia 0
- Soccombiamo affascinati di fronte alle dark lady e ai tipacci
Possiamo rimediare. La soluzione c’è: togliere prima la trave dal proprio occhio per vedere meglio. Solo dopo, togliere la pagliuzza dall’occhio del vicino, del fratello, del compagno, dell’interlocutore.
Osserva come la maggioranza delle tendenze appena elencate ha a che fare con l’incandescente, umano sentimento della rabbia. Allo studio di quest’ultima si sono dedicati diverse scienze e parecchi studiosi, nei tempi lontani e in quelli più recenti. Retorica, Filosofia, Sociologia, Psicologia, Psicolinguistica, tanto per citarne alcune.
Se cerchi rabbia sul principale motore di ricerca Google, ottieni in un batter di ciglia quasi 18 milioni di risultati. Non sono pochi, diciamolo (lo screenshot è del febbraio 2019, al momento dell’aggiornamento di questo articolo – febbraio 2020, la stessa ricerca restituisce, a sorpresa, “solo” 17 milioni di risultati). Comunque, tanti.
Febbraio 2019

Febbraio 2020

Allo studio della rabbia si è dedicato Marshall B. Rosenberg, il quale la sviscera nel suo Le parole sono finestre (oppure muri). Il tema della rabbia è strettamente legato alla capacità di guardare alle nostre azioni con realismo. E, cosa ancora più difficile, sollevare il nostro interlocutore da qualsiasi responsabilità in relazione alla nostra rabbia. “Lui / lei ha fatto questo e mi sono arrabbiato.” “Se non fai quello mi arrabbio.” “Sono arrabbiato per quello che ha fatto.” Ecco solo alcune delle frasi ricorrenti che pronunciamo quando ci accaldiamo. Anziché focalizzarci su ciò che sentiamo, sui sentimenti che proviamo, rivolgiamo – sbagliando, ben intesi – tutta la nostra attenzione a ciò che gli altri pensano e dicono. Dietro alla rabbia ci sono sentimenti incompresi, non espressi, non ascoltati: di frustrazione e di bisogni non soddisfatti.
Per prendere piena consapevolezza dei nostri sentimenti di rabbia è necessario trovare il tempo e il coraggio per guardarsi dentro, fare un respiro profondo e solo dopo aprire bocca e parlare.
La rabbia si nutre di sensi di colpa, di comportamenti indotti, di giudizi espressi dai Mister & Lady Sapientone di turno: quelli convinti di conoscere il mondo a menadito e per questo in dovere di appiccicare etichette e di emettere giudizi su persone, cose, situazioni e contesti.
Tuttavia, non è il comportamento discorsivo dell’altra persona che causa in noi sentimenti forti come la rabbia, ma l’incapacità di soddisfare il nostro bisogno di essere compresi. L’essenza della rabbia è un bisogno non soddisfatto. Questo fuoco dentro prosciuga le nostre energie vitali.
A provocare la rabbia non è tanto ciò che fa l’altra persona, ma l’interpretazione che diamo a ciò che ci viene detto, alle informazioni che riceviamo, alle immagini che ci creiamo nella propria mente. Se scelgo metaforicamente di versarmi una bottiglia d’olio addosso per farmi scivolare le cattiverie che si sentono in giro, riesco a conservare e indirizzare le mie energie vitali a obiettivi, progetti e luoghi fisici e simbolici che davvero le meritano. Tieni a mente che raramente un essere umano mostra apertura e ascolto se lo si guarda come un secchio in cui versare violentemente la rabbia che coviamo dentro, pronunciando parole e creando immagini che implicano che lui è in torto. La storia del mostro che cresceva con la rabbia, raccontata dallo psicologo Lucca Mazzucchelli, ne è un bel esempio.
La rabbia nasce dai giudizi, dalle etichette, dai pensieri di biasimo, dai preconcetti su quelle che le persone dovrebbero fare o meriterebbero di ricevere.
Per domare le tendenze a diventare delle brutte persone e allontanare il fuoco della rabbia dalla nostra testa abbiamo bisogno di procedere lentamente, pensare attentamente prima di parlare, a volte mordersi la lingua, fare un respiro profondo o non parlare affatto. I giudizi sugli altri contribuiscono a stimolare le profezie che si realizzano. Se il mondo è cattivo, avido, irresponsabile, bugiardo, imbroglione, ingiusto, inquinante è perché decido di vederlo attraverso un determinato “paio di occhiali”. Se, invece, cambio “gli occhiali”, cambio la prospettiva: il mondo è bello, sorridente, luminoso, pieno di opportunità, di sorprese, di scoperte.
Se desideriamo esprimerla pienamente, il primo gradino consiste nel sollevare l’altra persona dalla responsabilità della nostra rabbia. Il secondo smettere di incolpare noi e gli altri. Il terzo: smettere di punire mentalmente noi stessi e chi ci sta attorno. Invece, facciamo brillare la luce della consapevolezza sule nostre emozioni e sui nostri bisogni. Esprimiamoli con garbo, con ottimismo, con positività. È molto più probabile che vengano soddisfatti.
Ecco sette semplici strategie da applicare la prossima volta che senti dentro divampare il fuoco della rabbia. O prendere sopravvento una delle dieci tendenze esposte all’inizio dell’articolo:
- Fermati e fai un respiro profondo
- Bonifica la tua mente da giudizi, colpe ed etichette
- Ascolta attivamente il tuo interlocutore
- Metti a fuoco i tuoi bisogni inespressi
- Esci, cammina e riempiti di vita, il Mondo, checché si dica, è incantevole
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Lucian Berescu