Nel suo spregiudicato trattato di Retorica Fare colpo con le paroleSam Leith dice sagacemente:

Non usiamo il linguaggio per trasmettere semplicemente informazioni, senza nessun altro intento. Diamo informazioni perché riceviamo in cambio qualcosa, perché è utile o perché è piacevole: ci porta lontano dai problemi o dentro un letto.

Vero. Pragmatico. Utile.

E simpatico, il giornalista. Fosse solo per questo e dovremmo – mano alla fronte o sul mento, con aria di profonda meditazione – riflettere seriamente sulla P A R O L A, questo strumento di sei lettere che tutti abbiamo a disposizione senza, purtroppo e troppo spesso, rendercene conto della sua atomica potenza.

Vediamo.

Una volta, mentre facevo colazione in un albergo del Veneto, sentii la cameriera dietro al banco accogliendo così il suo collega:

Vito, quando arrivi tu, c’è sempre il sole!

Bellissimo. Se mi fossi alzato in quel preciso instante per far presente alla simpatica cameriere dal grazioso parlare che ha appena impiegato un delizioso strumento retorico – la metafora – per salutare il suo collega mi avrebbe probabilmente guardato stupita, chiedendosi di che cavolo stessi parlando. In ogni caso, quella giornata fu bellissima. Come il saluto al suo collega.

Pensai: se tutti provassimo a pronunciare alla colazione parole così piene di luce e allegria come sarebbe il mondo? Ci penso spesso. Su, prova, pensaci anche tu. L’immaginazione stimola la creatività. E ci aiuta a fare delle parole raggi di luce. Che riscaldano mente e anima. Le mattine, i pomeriggi e le sere.

Comunque, se non ti ho convinto con le incantevoli parole della cameriera veneta, ci provo con queste:

Ho perso il treno? Non importa, me la faccio tutta a piedi.

La capacità di cogliere un’opportunità è spesso retoricamente identificata nella nostra quotidianità attraverso la metafora del treno che ha o non ha la fermata giusta nella stazione desiderata: ho preso o perso un treno, passerà un altro treno, è passato l’ultimo treno. Questa poi non è una metafora qualsiasi, ma una potente, adatta a esprimere, visto il contesto, la delusione per un treno perso e la determinazione di farsi una sana camminata.

Dicevo. La PAROLA è uno strumento di sei lettere di un’atomica potenza. La nostra quotidianità sociale, famigliare e professionale è una continua ricerca più o meno consapevole di parole giuste. Da scegliere e pronunciare al momento giusto e nel contesto adatto.

Di grande aiuto in questo ci è la Retorica, Il Chilometro 0 della Comunicazione efficace ed efficiente: un campo del sapere di assoluta importanza quotidiana, vecchio due millenni e passa e tuttora attuale, che ci insegna come far buon uso del più potente strumento che l’Umanità abbia mai avuto a disposizione. La PAROLA, appunto. Come disse Aristotele, che per prima sistemò l’affascinante campo del sapere della Retorica:

Se è vergognoso non essere in grado di difendersi con le proprie braccia, sarebbe assurdo se fosse esente da vergogna non saperlo fare per mezzo della parola, il cui uso è più proprio dell’uomo di quello delle braccia.

Vabbè, lui parlava duemilacinquecento anni fa quando gli antichi addosso le mani se le mettevano più spesso e con meno scrupoli.

Comunque, sulla PAROLA gli antichi greci avevano le idee chiare. Isocrate che per un po’ fu contemporaneo e concittadino di Aristotele, disse agli ateniesi e lasciò ai posteri:

La parola, del resto, è il solo vantaggio che la natura ci ha dato sugli animali, rendendoci così superiori in tutto il resto.

Sulla superiorità, il mondo mantiene ancora qualche perplessità. La Storia ci insegna che questo magnifico strumento può trasformarsi in un potente mezzo di distrazione e di distruzione di massa. Se finisce nelle mani, o per meglio dire, nella bocca sbagliata. Messi insieme, i dieci anni bui dello scorso secolo in cui due guerre planetarie hanno portato l’Umanità sull’orlo del baratro nell’arco di meno di una generazione sono un eloquente esempio. E un triste ricordo.

Buona settimana.

Lucian

Foto di Ozzy Delaney