Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.

Luigi Pirandello

Agrigentino di nascita e premio Nobel per la letteratura nel 1934, Luigi Pirandello è uno dei maggiori scrittori italiani del XX secolo. Uno dei più famosi suoi romanzi è Uno, nessuno, centomila pubblicato nel 1925. Considerato dalla critica italiana la quintessenza del suo pensiero e della sua scrittura, in questo romanzo, Pirandello affronta uno dei temi più ricorrenti della sua opera: la maschera.

 

Secondo lo scrittore agrigentino, ognuno di noi indossa un numero imprecisato di maschere a seconda della situazione e dell’ambiente in cui ci ritroviamo.

 

Il racconto è in prima persona e segue i pensieri e le riflessioni del personaggio principale Vitangelo Moscarda. A seguito di un’osservazione fatta sul proprio naso dalla moglie, Vitangelo scopre di essere uno, tanti e contemporaneamente nessuno per via delle maschere che indossa, una per ogni persona che conosce e una anche per sé stesso.

 

Da questo capolavoro della narrativa italiana vorrei proporti oggi un brano – estratto dal capitolo Rientrando in città – che parla di costruzione. Della costruzione di cose materiale, ma soprattutto della costruzione del più bel edificio del mondo: sé stesso.

“Ma forse anch’esse le bestie, le piante e tutte le cose, hanno poi un senso e un valore per sé, che l’uomo non può intendere, chiuso com’è in quelli che egli per conto suo dà alle une e alle altre, e che la natura spesso, dal canto suo mostra di non riconoscere e d’ignorare. Ci vorrebbe un po’ più d’intesa tra l’uomo e la natura. Troppo spesso la natura si diverte a buttare all’aria tutte le nostre ingegnose costruzioni. Cicloni, terremoti… Ma l’uomo non si dà per vinto. Ricostruisce, ricostruisce, bestiolina pervicace. E tutto è per lui materia di ricostruzione. Perché ha in sé quella tal cosa che non si sa che sia, per cui deve per forza costruire, trasformare a suo modo la materia che gli offre la natura ignara, forse, e, almeno quando vuole, paziente. Ma si contentasse soltanto delle cose, di cui, fino a prova contraria, non si conosce che abbiano in sé facoltà di sentire lo strazio a causa dei nostri adattamenti e delle nostre costruzioni! Nossignori. L’uomo piglia a materia anche sé stesso, e si costruisce, sissignori, come una casa. Voi credete di conoscervi se non vi costruite in qualche modo? E ch’io possa conoscervi, se non vi costruisco a modo mio? E voi me, se non mi costruite a modo vostro? Possiamo conoscere soltanto quello a cui riusciamo a dar forma. Ma che conoscenza può essere? È forse questa forma la cosa stessa? Sì, tanto per me, quanto per voi; ma non così per me come per voi: tanto vero che io non mi riconosco nella forma che mi date voi, né voi in quella che vi do io; e la stessa cosa non è uguale per tutti e anche per ciascuno di noi può di continuo cangiare, e difatti cangia di continuo. Eppure, non c’è altra realtà fuori di questa, se non cioè nella forma momentanea che riusciamo a dare a noi stessi, agli altri, alle cose. La realtà che ho io per voi è nella forma che voi mi date; ma è realtà per voi e non per me; la realtà che voi avete per me è nella forma che io vi do; ma è realtà per me e non per voi; e per me stesso io non ho altra realtà se non nella forma che riesco a darmi. E come? Ma costruendomi, appunto. Ah, voi credete che si costruiscano soltanto le case? Io mi costruisco di continuo e vi costruisco, e voi fate altrettanto. E la costruzione dura finché non si sgretoli il materiale dei nostri sentimenti e finché duri il cemento della nostra volontà. E perché credete che vi si raccomandi tanto la fermezza della volontà e la costanza dei sentimenti? Basta che quella vacilli un poco, e che questi si alterino d’un punto o cangino minimamente, e addio realtà nostra! Ci accorgiamo subito che non era altro che una nostra illusione. Fermezza di volontà, dunque. Costanza nei sentimenti. Tenetevi forte, tenetevi forte per non dare di questi tuffi nel vuoto, per non andare incontro a queste ingrate sorprese. Ma che belle costruzioni vengono fuori!”

Ammettiamolo: il romanzo è una lettura impegnativa che richiede una notevole concentrazione per poter seguire il flusso spesso frammentato dei pensieri di Moscarda, il personaggio principale. E, al di fuori del contesto scolastico, in pochi rimetterebbero le mani sul romanzo pirandelliano.

 

Tuttavia, se con questo intenso brano ti ho stuzzicato la voglia di rileggerlo, il mio consiglio è di … audio leggerlo, come ho fatto io. Puoi trovare Uno, nessuno, centomila su Audible con la splendida voce dell’attore e regista Claudio Carini. Ideale per ascoltarlo nei ritagli di tempo in cui spesso il pensiero vaga per conto suo. In macchina, ad esempio, andando e tornando dal lavoro, o camminando, durante le tue passeggiate serali e in qualsiasi altro momento in cui un inutile viaggio mentale può essere sostituito da un sano nutrimento per mente e anima.

 

Infine, se al cartaceo sei molto affezionato, ma non vuoi spendere un centesimo, puoi trovare Uno, nessuno, centomila pubblicata dall’associazione culturale Liber Liber in versione integrale e libera da copyright a questo link. Perciò, nessuna scusa: (ri)leggilo 😉

 

Buona settimana.

 

Lucian

 

Foto da Google Immagini