La paura ha una precisa funzione biologica: è lì, nella nostra testa, per aiutarci a proteggerci. Dai pericoli reali, non immaginari. L’orso incontrato su un sentiero in montagna, il leone che hai visto da vicino nella savana, il serpente velenoso, i tuoni, la tempesta. In situazioni come queste la paura ti può salvare la vita. La paura del giudizio degli altri, invece, no. Anzi, te la rende dannatamente difficile.

Non ti preoccupare di quello che gli altri possono pensare di te. Sono troppo occupati a preoccuparsi di quello che tu pensi di loro.

Arthur Bloch

Siamo evoluti, oggi, abbiamo più conoscenze e più informazioni di tutte le generazioni passate messe insieme.

 

Le paure reali sono diminuite. Per contro, quelle immaginarie si sono moltiplicate. E non ti aiutano ad andare molto lontano. Le paure immaginarie non ti salvano la vita, non ti mettono al riparo, non ti fanno stare meglio e tanto meno vivere più a lungo. Anzi, ti bloccano e ti costringono a rinunciare ai tuoi obiettivi più ambiziosi, ai tuoi sogni più audaci, al tuo desiderio di miglioramento.

 

Vuoi liberartene e andare avanti? C’è solo una cosa da fare: prenderle di petto, le paure, e cacciarle via.

 

Queste sono le cinque paure paralizzanti, le più diffuse al mondo, tutte immaginarie, che ci succhiano le energie e ci rovinano la vita.

Questo è il terzo di una serie di cinque articoli in cui affronto le cinque paure paralizzanti e come fare per sbarazzarcene. Tralascio le fobie e gli attacchi di panico o altri stati emotivi che necessitano l’intervento mirato di uno specialista.

 

La paura del giudizio degli altri

Innata o trasmessa? Forse un po’ e un po’. Di certo, la paura del giudizio degli altri è diffusissima. Ci sarà sempre un Tizio, un Caio o un Sempronio a dire la propria. La differenza sta nella volontà di ascoltare, prenderne atto e andare avanti. Nonostante tutto, nonostante tutti.

 

Andiamo per ordine.

Ma che diranno i vicini?

E il mondo, che dirà? E le stelle? I pianeti?

Ma come, se mi vedono così, cosa penseranno di me?

Non posso fare così, la gente che cosa penserà? Gli altri che diranno?

Ecco, se vuoi scrollarti di dosso il timore di cosa gli altri dicano o pensino di te, quella dannata vocina logorroica che ti fa compagna per tutta la giornata va zittita e messa dove merita di stare: in un angolo ad ascoltare.

 

La paura del giudizio degli altri è in stretta correlazione con il bisogno di piacere agli altri e di essere accettati dalla società. Abraham Maslow ne parla a modo suo, indicando il bisogno di appartenenza al terzo posto nella sua famosa Piramide. Prima di lui, però, fu Aristotele, il primo sistematore dell’abbecedario della comunicazione efficace, a cogliere la natura sociale dell’uomo lasciando ai posteri quattro parole e buone: l’uomo è un animale sociale.

 

Detto questo, siamo tutti d’accordo: sentirsi amati e accettati è un bisogno umano fondamentale. La paura del giudizio degli altri s’impossessa di noi perché temiamo di non venir accettati per via delle nostre origini, della nostra educazione, del lavoro che svolgiamo, dell’età che abbiamo, del come parliamo, ci vestiamo e ci comportiamo.

 

Non possiamo fermare che gli altri giudichino, ma possiamo gestire e dominare la paura del giudizio. Il Tizio, Caio e Sempronio di turno troveranno modo di appiccicarci addosso una qualche etichetta in base a una scala di valori più o meno differente della nostra. Esserne consapevoli è il primo passo per liberarsi dal timore dell’umiliazione o dell’esclusione dal gruppo.

 

Zittire quella vocina che si ostina a mettere il giudizio degli altri su un gradino sopra la tua indifferenza nei confronti di “cosa gli altri dicono e pensano” è il primo passo da compiere per liberare le tue energie vitali e mentali e andare avanti come e quando vuoi tu. È la tua indipendenza emotiva in gioco: la conquisti anche imparando a manipolare i tuoi pensieri, capovolgerli, privarli dalle connotazioni negative che hai sempre dato loro. Del resto, quando hai un valore o una qualità, ma non riesci ad esprimerle vuol dire che non le hai.

 

Sappilo: le persone troveranno comunque modo e tempo per giudicarti, ma fregatene altamente. Il dialogo interiore è nocivo, quando non sei tu a “guidare la conversazione”. Nessun altro, al posto tuo saprà come aiutarti a farti rispettare, se non sei tu a farlo.

 

Non è pero sufficiente. Ora che l’hai zittita con fermezza, puoi farti sentire tu e far vedere di che pasta sei fatto.

 

Vediamo allora come fare per poterti prendere cura di ciò che veramente conta e lasciare gli altri a blaterare per conto loro.

 

Tre strategie pratiche per fregarsene dei giudizi di Tizio, Caio e Sempronio di turno

Rispondi con onestà a questa domanda: sei proprio sicuro che gli altri non hanno di meglio da fare che preoccuparsi di ciò che dici, fai o pensi?

 

Nella stragrande maggioranza dei casi, la paura del giudizio degli altri se ne sta beata nella tua testa. E l’eccezione che hai da poco incontrato non fa altro che confermare la regola. Alla base di quest’affermazione c’è l’arguta citazione che hai letto all’inizio di questo articolo: le persone sono troppo prese dal tuo stesso timore di essere giudicate dagli altri.

 

In poche parole, e buone: la paura del giudizio degli altri è in sostanza la paura del tuo giudizio. Quindi fatti un favore e:

  1. Rendi la perfezione umana. Smettere di volere essere perfetto in ciò che fai, dici o pensi è il passo decisivo per dedicarti con forza a ciò che conta. Fare, anche se non è perfetto.
  2. Fatti un piacere e smetti di voler piacere a tutti. Fattene una ragione e i fatti tuoi al meglio che puoi. Ricordati che il tempo è un asset limitato: investirlo nella spazzatura, spazzatura ne otterrai. Garbage in, garbage out, come dicono nel mondo informatico.
  3. Sii cattivo, nel senso buono della parola. Questo è uno dei ventuno consigli pratici per comunicare meglio ed essere più efficaci. La vita non è una passeggiata romantica in riva al mare. Non è neanche un concorso di bellezza. La vita è un’arena: scendi e fai ciò che da millenni si fa in un’arena: combatti. Senza se e senza ma. Non serve calciare l’inguine dell’avversario. Non serve la violenza. Un sano egoismo, invece, sì. Guarda e coltiva le tue idee, i tuoi progetti, i tuoi obiettivi e gli affetti che contano e saluta vigorosamente i vari Tizi, Cai e Semproni con un caloroso “Menefrego!”

Fidati: dipendere da ciò che gli altri pensano e dicono è la via più sicura per andare in frantumi: tu, le tue idee, i tuoi obiettivi e il tuo valore. Mettiti dove meriti di stare: al timone delle tue emozioni.

 

Perché ricorda:

Siamo la somma delle parole che usiamo, delle relazioni che coltiviamo e delle emozioni che proviamo.

Tieni a mente questo principio per farti scivolare addosso i giudizi degli altri, smettere di giudicarti tu stesso e rinsaldare la tua autostima.