Aggiornato il 7 luglio 2020.
Questo articolo è stato revisionato e aggiornato il 7 luglio 2020.
Non voglio che il mondo sia tutto un coro Coca Cola in magica armonia: armonia significa unanimità, e la storia ha dimostrato quanto sia spaventosa l’unanimità. Preferirei giocare la partita senza regole della retorica, solo con qualche minima regola.
Jay Heinrichs
Quando vediamo due o più persone che si confrontano, dibattono, negoziano facendo attenzione a ciò che dicono, a come lo dicono e a quando lo dicono abbiamo davanti una scena di comunicazione efficace. Piuttosto rara, ma cerchiamo di rimediare.
Dinanzi a uno spazio di confronto e di dibattito meglio mettersi comodamente e gustarsi lo spettacolo. Sei comodo? Ecco un buon esempio: Erin Brockovich davanti all’avvocato Sanchez.
La questione non è sempre così semplice come potrebbe sembrare. La nostra quotidianità sociale, professionale e familiare, lo sai anche tu, non è poi così generosa da offrirci spazi e tempi per un sano confronto retorico. Dobbiamo, invece, crearlo. Certo, l’allenamento per essere all’altezza di questa sfida richiede tempo, pratica e costanza. È di assoluta importanza e gioca a tuo favore. Tuttavia, come la vita di tutti giorni ci insegna, anche se ben allenati si può comunque inciampare, cascare o commettere qualche fallo. Retorico, nel nostro caso.
Non si discute mai l’indiscutibile ci suggerisce garbatamente Jay Heinrichs, nostro contemporaneo d’Oltreoceano con la fissa per la retorica. È da lui che prendo in prestito l’espressione fallo retorico. Ammonisce Heinrichs: “non bloccate l’argomentazione. Qualsiasi cosa le impedisca di raggiungere una conclusione soddisfacente va considerata un fallo.”
Per capire come funziona, ecco un paragone inedito, ma eloquente. Parliamo di calcio e immaginiamo una partita “senza regole” in un campo senza linee in cui si possa marcare e commettere fallo in qualsiasi modo. L’unico scopo in quest’ipotetica partita è mettere la palla in rete. Sebbene il gioco possa farsi duro, finché tutti mantengono un giusto atteggiamento è ancora possibile giocare. Che cosa accadrebbe, invece, se i giocatori andassero oltre e iniziassero a prendersi a calci nell’inguine? A quel punto il gioco si guasterebbe. Oppure, se ci fosse una sola palla e un giocatore la prendesse e la portasse a casa, il gioco dovrebbe interrompersi del tutto. Persino un gioco “senza regole” deve avere alcune regole minime: servono una palla e uno scopo, e i giocatori devono giocare.
Nello spazio di confronto e di dibattito che possiamo chiamare arena retorica, proprio come quella in cui Erin Brockovich affronta brillantemente l’avvocato Sanchez, succede con gli argomenti ciò che succede con la palla nella partita “senza regole” di Heinrichs. C’è un obiettivo, portarsi a casa un’onorabile vittoria retorica, e tutti rimangono concentrati sul trovare le parole efficaci al momento giusto nel contesto appropriato per raggiungerlo. Il gioco si fa duro, molto duro, soprattutto se di fronte ti ritrovi un interlocutore come Brockovich. Adirata, per giunta. Parole dure, emozioni forti e sguardi intensi. La partita va avanti. L’argomentazione può arrivare alla conclusione a patto che nessuno la trasformi in una battaglia diversa da quella retorica o la snaturi. Altrimenti si pecca di discutere l’indiscutibile. Qui, a dire la verità, siamo al limite, per via di quell’indecente proposta di patteggiamento. Ma l’argomentazione di Brockovich è magistrale.
Ora, mettiamo da parte calcio, patteggiamenti indecenti e metafore e vediamo qualche fallo retorico da evitare per non arenarsi nel campo dell’indiscutibile:
- il pensiero in bianco e nero: “o cosi o cosa” non è contemplato nell’arena retorica. In realtà ci sono sfumature diverse di verità, di amicizia, e il bello e il brutto tempo della vita dipende in larga misura da come alla vita vogliamo guardare. Quando hai finito di leggere, concediti la visione di questo divertente e cliccatissimo video. È lo psicologo Shawn Achor al TED
- lo spaventa presente è come un muro oltre il quale c’è nulla. Se vedi il futuro una minaccia, se lo immagini cupo e peggiore, altro non fai che alzare da solo muri antiretorici nella tua vita. Meglio, invece, guardare al futuro con curiosità, come a uno spazio da conquistare passo dopo passo, giorno per giorno. Con gli attrezzi della tua comunicazione efficace: parole che nascono dai tuoi pensieri e diventano argomentazioni che poi si trasformano in azioni
- gli occhiali appannati con cui ci facciamo un’idea tutta nostra e non siamo in grado di accettare la posizione del nostro interlocutore. In questo modo rischiamo di distorcere la realtà, è non è una distorsione metaforica. È facile, in questo contesto, trovare pretesto per riversare sull’interlocutore rabbia e rancore invece di confrontarsi apertamente nell’arena retorica
- il naso all’insù: è ingenuo pretendere di conoscere i pensieri e gli stati d’animo degli altri senza che siano stati espressi, o aspettarsi che gli altri riescano a leggere i propri. Ci sono persone che credono l’interlocutore debba capirle intuitivamente. Se ciò non succede si dimostrano confusi e perplessi. Frasi del tipo “Intendevo…”, “pensavo che …”, “credevo che …” sono marcatori linguistici di un pensiero che va troppo veloce. È difficile, se non impossibile sapere con precisione ciò che è bene per gli altri in mancanza di riscontri concreti. Allo stesso modo, un errore comune è interferire con le vite altrui sostenendo di aver fatto quel che si è fatto per il loro bene. Il bene, il giusto, il vero che abbiamo in mente noi non sempre coincide con il bene, il giusto e il vero delle persone attorno a noi
Una vita retorica è una vita responsabile che richiede rispetto per le parole e buon senso discorsivo. Prendersi cura di questa piccola cosa di assoluta importanza quotidiana chiamata retorica è nientemeno che prendersi cura di sé stessi. Perché, come osserva Sam Leith, un altro arguto giornalista, d’Oltremanica stavolta, nel suo Fare colpo con le parole:
La retorica è ovunque ci sia il linguaggio, e il linguaggio è ovunque ci siano le persone. Essere attratti dalla retorica equivale a essere attratti dalle persone, e comprendere la retorica è in buona parte capire il prossimo.
Con lui mi trovo d’accordo quando dice che, a differenza di Platone, suo maestro, Aristotele ha capito che viviamo in mezzo alla gente abituata a parlare e a confrontarsi con lo scopo di persuadere. Aristotele si è messo con impegno a riflettere sulla mente e sull’anima umana per capire meglio come possiamo persuadere con buon senso discorsivo e rispetto per le parole. Come diventare pragmatici ed efficaci. Così è nato questo meraviglioso scritto dal titolo Retorica. E noi, dopo tremila anni, siamo ancora a frugare tra i suoi pensieri.
Il vero obiettivo della retorica è stare bene con sé stessi e insieme agli altri.
Dunque: evitate i falli retorici.
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Foto di Dion Raftopoulos