Cercate di essere ottimisti. C’è sempre tempo per mettersi a piangere.
Marlene Dietrich
Basterebbe un giro qui o qui per farsi un’idea sull’aria che tira tra i clienti TIM. Insieme a diversi riscontri raccolti offline, di miele, ce n’è poca, direi.
Chi mi conosce sa che preferisco vedere la parte piena del bicchiere. Così è stato anche nel rapporto con TIM, il mio provider di servizi Internet da circa 15 mesi. Sono diventato cliente TIM a dicembre 2017, con il supporto di un servizio online che ritenevo all’avanguardia. In pratica, ho attivato una nuova linea in pochi giorni, comodamente da casa, senza recarmi in un negozio fisico e senza firmare alcuna carta. Tutto online, incluso l’addebito della fattura in conto corrente. Prezzo in linea con gli altri operatori, velocità molto buona. Per i successivi cinque mesi dall’attivazione, sono stato un cliente soddisfatto.
I disguidi sono arrivati nella primavera dell’anno scorso, quando ho richiesto il trasloco della linea a un nuovo indirizzo. È stato l’inizio di un’odissea senza fine. E senza happy end. Con mio grande stupore, ho visto un perpetuarsi di un comportamento aziendale arrogante ed indifferente. Il passaggio da cliente molto soddisfatto a cliente altamente insoddisfatto passando per cliente ingannato è stato inevitabile. Anche se ho opposto una forte resistenza, cercando, pe l’appunto, di vedere la parte piena del bicchiere. Anche quando il bicchiere era proprio vuoto.
Ecco i fatti, in ordine cronologico:
- Ho richiesto il trasloco della mia vecchia linea e ho ricevuto una nuova linea. Nonostante più operatori TIM sparsi per il Belpaese mi abbiano rassicurato telefonicamente che solo una cosa sarebbe stata cambiata: il numero fisso associato alla linea Internet
- Sono anche stato rassicurato che il trasloco sarebbe avvenuto senza alcun costo aggiuntivo e alle stesse condizioni contrattuali del piano attivato online al vecchio indirizzo, ma così non è stato
- Più volte ho chiesto lumi sui costi di questo passaggio e ogni volta, per una decina di volte, la risposta è stata la stessa: non ci sono costi aggiuntivi. Infatti, non ci sono stati costi aggiuntivi alla vecchia linea, ma una nuova linea a un prezzo più elevato; urca, mi son’ detto, questo non si fa
- Per essere certo di aver capito bene ho più volte chiesto specificatamente se la linea sarebbe stata disattivata al momento dell’attivazione della nuova e la risposta fornita dagli stessi premurosi operatori è stata sempre la stessa: Sì! Difatti, è stata disattivata, ma dopo sei mesi in cui TIM ha continuato a fatturare anche dopo aver sospeso la linea per il presunto ritardo (tre mesi). TIM, non dire di non aver capito che la linea non veniva utilizzata, alcun traffico è stato rilevato per sei mesi
- Appena attivata la nuova linea e palesemente imbrogliato (Per incompetenza? Per indifferenza? Per abuso di posizione dominante?) ricevo un decoder mai richiesto e naturalmente rispedito al mittente a mie spese
- Chiamare il 187 di TIM è come addentrarsi in una fitta foresta a mezzanotte: non vedi e non senti nulla di rassicurante. Quando, un bel giorno chiesi chiarimenti sullo stato del mio conto mi fecero capire velatamente che a mio nome risultassero due linee attive. Faccio presente che la cosa solleva un ulteriore problema che si aggiunge ai non pochi (nuova attivazione al posto di un trasloco, un decoder piombato dal cielo per 150 e rotti euro che avrei dovuto pagare mensilmente con 48 comode rate). Al che un operatore poco garbato e tanto insolente mi disse di non aver tempo per gestire tali situazioni e mi chiuse bruscamente la telefonata. Lasciandomi senza risposte e con la certezza di un rapporto vessatorio tra un utente–comune mortale e un’azienda con forza dominatoria sul mercato del digitale come poche, pochissime altre possano vantare.
- Avviso più volte, in forma scritta via fax (l’e-mail, figurati, non esiste per la TIM, il buon vecchio fax, invece, sì) e via social (Facebook e Twitter) di ritenere scorretto il loro comportamento. Ricevo, in cambio, risposte vaghe e inesatte.
Risparmio il lettore da altri dettagli, la maggioranza delle quali a conoscenza di altri utenti che si sono ritrovati a chiedere spiegazioni a orecchie sorde. Nel frattempo, ho utilizzato l’unica arma a mia disposizione per combattere una battaglia comunque persa: il ritardo nel saldo delle fatture. Mi è costato molto caro perché 6% di interessi per il tardato pagamento, accidenti, se sono piccanti. Così, però, ho scoperto che il sistema dei pagamenti messo in piedi dall’azienda è fatto in modo da costringerti a pagare quanto loro dichiarano di dover saldare. Tutti i pagamenti diretti, in altre parole, possono essere effettuati solo per l’importo riportato nella fattura. L’ho scoperto perché mentre c’era in corso questo spiacevole tira e molla con gli operatori TIM, volevo saldare la fattura senza i 150 euro e rotti del decoder ma non fu possibile proprio perché il sistema non permette pagamenti parziali. Peraltro, per l’indesiderato decoder, TIM aspetterebbe il pagamento per poi riaccreditarmi l’importo. Di riaccredito si è trattato anche quando ho scoperto stupefatto un altro indebito addebito di quasi 5 euro “per consegna elenchi telefonici” mai richiesti. Ora, immaginate i 5 euri moltiplicati per tutte quelle persone che a quell’addebito non abbiano fatto caso. Immaginate e moltiplicate.
Da alcuni mesi, ho deciso di spostare l’interazione con TIM sulle reti sociali: Facebook, pietoso, e Twitter, più dignitoso. Dopo ripetuti scambi di messaggi con i social dell’azienda, posso affermare con certezza: nelle interazioni con gli utenti trionfa l’arte del non dire nulla pur dicendo qualcosa. In particolare, le mani dietro l’account Facebook TIM fisso si sono dimostrate altamente competenti in un tipo di comunicazione vaga, sorda, preconfezionata e dilettante. Dall’altra parte, i messaggi diretti ricevuti dall’account Twitter sono più (re)attivi, più orientati alla risoluzione del problema ma con notevoli limiti di azione palesemente incisi nelle risposte ricevute.

Alcuni maestri esempi del dire qualcosa, pur non dicendo nulla estratti dal mio scambio di messaggi con gli account ufficiali TIM su Facebook e Twitter:
Ciao Lucian, comprendiamo il tuo disappunto, abbiamo provveduto ad inoltrare la tua segnalazione al reparto preposto. Sarà nostra cura fornirti un riscontro, appena possibile #´TIMfisso. Buona giornata da TIM (Facebook)
… ti confermiamo che la tua pratica è in lavorazione, ti invitiamo ad attendere. Restiamo a tua disposizione (Facebook)
Non abbiamo una tempistica precisa da fornirti, ma è in corso il ripristino della linea. Ti invitiamo ad attendere” (Facebook)
Ciao, è in corso una segnalazione al reparto preposto. A gestione ultimata ti verrà fornito riscontro. (Facebook)
La strategia comunicativa dell’account Tim su Facebook è caratterizzata da una impressionante vacuità. Sono due, gli elementi predominanti: prendere tempo e rimanere sul vago.
All’opposto, l’account Sara @Tim4USara Twitter si è rivelato più concreto e reattivo:
Ciao, è presente un rimborso a tuo carico mediante nota di credito che verrà espletato entro 90 giorni dalla richiesta per lo storno del decoder TIMVISION con importo pari a 131,56/€ (Twitter)
Ciao, da verifiche a sistema, ti informo che, la fattura da 41,54€ è in gestione al reparto amministrativo. Ti invito ad attendere, riceverai riscontro appena possibile. Buona giornata. (Twitter)
Ciao, dalle verifiche effettuate, in data 17/12/2018 ti è stata inoltrata una mail, (Numero di protocollo C22058134) nella quale si riscontra la fondatezza del tuo reclamo. Ti invito pertanto a saldare parzialmente la fattura RC01355077 per un importo di 34,75 €. Resto a tua disposizione, buona giornata. (Twitter)
Ciao, ho provveduto ad eliminare l’invio dell’elenco e ho emesso il rimborso che troverai in uno dei prossimi conti utili. Buona serata. (Twitter)

Le vicende raccontate e quattro mesi di regolare interazione con gli account TIM di Facebook e Twitter mi hanno fatto riflettere:
- all’abilità comunicativa dei dipartimenti di gestione della clientela di rimanere sul vago, sull’ambiguo e di prendere tempo ossia di non dire nulla pur dicendo qualcosa
- alla vacuità comunicativa e all’impreparazione dello staff preposto alla gestione della clientela (insolito l’augurio di buona serata alle 10 del mattino)
- al sistema escogitato per scoraggiati dall’intraprendere qualsiasi azione liberatoria (richiesta di comunicazioni via fax o raccomandata A/R, mancanza di una linea fissa, call center impreparati),
- all’impotenza contrattuale in caso di disservizi imputabili esclusivamente al fornitore (sono rimasto per due giorni senza segnale con conseguente rallentamento delle mie attività, qualcuno dalla TIM pensa a rimborsarmi 6% dalla fattura mensile? E se io lo chiedessi, pensi che qualcuno mi ascolterebbe?)
- il precedente punto mi ha fatto venire in mente un altro grossolano disservizio: le autostrade sono progettate per percorrere una certa distanza in un certo tempo, in media 100 km in un’ora, ma se ci sono lavori in corso il traffico rallenta, ovvio, ma qualcuno ha mai visto un rimborso per il disservizio subito al casello autostradale? Io, no.
- a tutte quelle comunicazioni di interesse per cliente, scritte in piccolo per leggerle con difficoltà o non leggerle affatto (non solo provider Internet, ma anche servizi di telefonia mobile o contratti con le banche)
- ai costi improponibili per servizi privilegiati ma che di fatto non utilizzerai mai (ad esempio, il servizio TIM Expert per 36 mesi a 5,89 euro mensili)
- ai prezzi che sono pubblicizzati con diverse offerte, più bassi rispetto a quanto poi viene fatturato mensilmente
- al fatto che ogni invio della fattura analogica costa la bellezza di 2,50 euro perché non puoi ricevere la fattura online se non attivi il servizio di addebito in conto corrente
- all’impossibilità di contattare un’anima viva, tanto meno un responsabile del servizio di customer care
Insomma, tutto va bene se non ci sono problemi. Ma se un qualsiasi problema si presenta sei fottuto.
In tutti i settori si parla tanto, per lo più quando si tratta di comunicazione e marketing, di entrare nella testa del cliente, di pensare come pensa il cliente, del cliente sovrano, ma poi, sul campo, aziende grosse come la TIM non si degnano di fornirti una risposta dignitosa a un problema reale, creato dall’azienda stessa.
Dopo diversi tentavi di risoluzione bonaria di un’ingarbugliata situazione ho deciso di avviare la procedura di cambio operatore. L’infelice esperienza, mia e di altri utenti, mi insegna che probabilmente sto per iniziare un’altra elettrizzante danza in un labirinto.
Vale la pena provarci. Per ripristinare una minima dignità commerciale nel rapporto cliente – fornitore.
Anche tu hai avuto esperienze simili con TIM o altri operatori? Raccontala nello spazio qui sotto e condividila con altri lettori RhetoFan.
A presto,
Lucian
Foto dall’archivio personale